L’inferno non ha più diavoli
Sono tutti in libera uscita in Rwanda
Solidarietà, integrazione culturale,
lotta alla fame, rappresentano “la nuova frontiera”
di Emanuele Ciarfera
La
solidarietà non è una prerogativa di sinistra ed è
giusto che la gente lo capisca. Giornali e televisioni
riversano su di noi dosi massicce di massacri, stupri,
genocidi: Sudan, Liberia, Cambogia, Iraq, Afghanistan e…
non abbiamo più riserve di commozione, di indignazione,
di condivisione. Ormai notizie e filmati passano su di
noi come acqua sulla pietra. Sperimentiamo concretamente
su di noi quanto un teorico della comunicazione
sosteneva, e cioè che il bombardamento quotidiano dei
messaggi diventa presto un massaggio alle coscienze,
rendendole insensibili. Tre bambini rapiti ed uccisi ci
commuovono. Centomila bambini nella stessa situazione
non commuovono più. Confessiamolo: siamo impotenti di
fronte all’orrore di questi genocidi a ripetizione.
Ricordiamo ancora l’Olocausto nazista di cinquanta anni
fa: ma di fronte agli ultimi massacri dell’Africa ed in
particolare del Rwanda cosa facciamo per renderci
utili…? Quest’estate, da volontario, ho vissuto con quei
bambini malnutriti, malati di malaria e aids che
solitamente vediamo in sporadici servizi al tg: questi
bambini vivono con la morte negli occhi. In Rwanda,
nonostante la guerra sia in apparenza finita, la gente
viene ammazzata di notte, le mogli sono costrette a
dormire all’aperto per non subire le violenze dai mariti
malati di aids. I bambini sono costretti a bere acqua
sporca delle pozzanghere per non morire di sete e a
mangiare continuamente canne da zucchero per non morire
di fame. Mi sono state raccontate alcune esperienze
della guerra che sono al limite dello sgomento, mi
raccontavano di figli che ammazzavano con il macete le
madri, mentre il padre le teneva ferme solo perché di
razza diversa o di bambini ammazzati fracassandogli la
testa sul muro della chiesa fino a fargli uscire il
cervello o ancora di gente costretta a nascondersi per
mesi in buchi fatti nel terreno o nelle cisterne, per
scampare alla follia omicida razziale. Che fare? Tra lo
scetticismo di chi dice che non possiamo fare nulla ed
il fariseismo di chi si commuove, ma poi dimentica in
fretta, c’è una terza via che dovremmo, tutti insieme e
con umiltà, percorrere. Il primo dovere è conoscere,
informarci, appassionarci alle vicende dell’uomo. La
fede aiuta molto. Credo fermamente che ogni uomo, anche
il più umile, abbia in sé una scintilla della vita di
Dio, allora non posso fare a meno di sentire per lui
interesse, amore, passione, disponibilità ad aiutarlo,
per quanto lontano e sconosciuto possa essere. Un Padre
Bianco scomparso nell’inferno del Rwanda ha dichiarato:
“Non credevo molto all’esistenza del demonio. Ma dopo ho
visto, nella mia missione, la violenza più assurda e
gratuita fra gente che pochi mesi prima conviveva
pacificamente; dopo che ho visto i vecchi ammazzare dei
bambini abbattendoli sul capo con una vanga, ecco, il
diavolo, ci credo”. Un altro missionario diceva:
“L’inferno non ha più diavoli. Sono tutti in libera
uscita in Rwanda”. Il Rwanda è un altro grande
fallimento delle Nazioni Unite. Ci fa prendere coscienza
che non esiste una vera autorità al di sopra di ogni
stato che possa, con forze date dai Paesi membri,
realizzare le operazioni decise dal Consiglio di
Sicurezza per “il mantenimento della pace”. Il mondo è
stato impotente per volontà sua di fronte al massacro di
un popolo e all’odio razziale deciso ed imposto dai
coloni Belgi e non insito nella cultura Rwandese. Papa
Giovanni Paolo II in un suo discorso del 1993
dichiarava: “Il vero cuore della vita internazionale non
sono gli Stati ma l’uomo… Esistono degli interessi che
trascendono gli Stati: sono gli interessi della persona
umana, i suoi diritti. Oggi come ieri…”. Ebbene, la
solidarietà, l’integrazione culturale con popoli
diversi, la lotta contro la fame e l’ideale affascinante
della missione universale, rappresentano “la nuova
frontiera” verso la quale bisogna dirigersi e riscoprire
l’entusiasmo dell’operare per la salvezza dell’uomo. |